lunedì 22 dicembre 2014

Auguriamo un Buon Natale a tutti con un brano tratto da LA SCUOLA DELLA NOTTE di UGO RAMPAZZO

Pubblichiamo un brano tratto dal capitolo terzo del giallo storico pubblicato da ARKADIA EDITORE:

LA SCUOLA DELLA NOTTE 
di Ugo Rampazzo 
Eclypse 41
ISBN 978-88-68510-23-7
Formato cm 14x21
Pagine 128

Primo titolo di una progettata serie di cui uscirà nel 2015 un nuovo episodio, il romanzo racconta l'indagine su un omicidio d'eccezione condotta da un investigatore d'eccezione nella Londra di Elisabetta I.
Il romanzo è in vendita nelle librerie e sui pirncipali siti on line, anche in e-book.

 Christopher Marlowe, detto Kit, poeta acclamato, ma anche libertino impenitente, accusato in passato di sodomia e ateismo, muore assassinato a causa di una pugnalata in un occhio. Le indagini vengono chiuse velocemente e il presunto omicida rilasciato. Tanta fretta non convince il collega, amico e rivale di Kit, il coltissimo John Florio. Nel clima torbido delle guerre di religione, della rivalità tra i favoriti di Elisabetta I, in una Londra resa ancora più fosca dalle lotte di potere tra i partiti di Lord Cecil e del conte Leicester, tra massoneria e misteriose confraternite, John Florio giungerà a scoprire una verità sorprendente e a conquistare la Dark Lady, Amelia Bassano, figura enigmatica e musa ispiratrice di Marlowe. La scuola della notte è il primo episodio di una serie di romanzi che hanno per protagonista un investigatore e avventuriero d’eccezione: John Florio, un esule italiano, scrittore e traduttore di altissimo profilo del periodo elisabettiano, la cui personalità complessa potrebbe celare il vero autore delle opere comunemente attribuite a William Shakespeare.


CAPITOLO TERZO 

(...)

Eleanor Bull, la vedova di Deptford nella cui casa era avvenuto l’omicidio di Marlowe, tirava avanti affittando a ore due sale del pianterreno della sua dimora a una ristretta cerchia di conoscenti per cene e riunioni conviviali in cui, aiutata dalla sua servetta, offriva a pagamento i suoi servigi di cuoca. Non aveva una regolare licenza e doveva esercitare la professione in modo quanto mai discreto. In realtà non aveva molto da riferire sull’incidente. Rammentava perfettamente quanto avvenuto quel giorno, ma era entrata nella sala dove i quattro uomini banchettavano quattro o cinque volte, solo per portare birra, vino e vivande. Rispondeva senza reticenza alle domande e non sembrava avere nemmeno troppa fretta di liberarsi dell’elegante signore che era venuto a titolo personale a informarsi sui fatti di quella tragica giornata. La sua clientela abituale di mercanti, artigiani e piccoli funzionari statali non era così raffinata come avrebbe voluto che fosse e ambiva elevarsi. Era stata subito attratta dai modi cortesi, dal bel volto abbronzato, incorniciato dai ricciuti capelli neri dello sconosciuto. Era proprio il tipo d’uomo con cui si sarebbe tolta volentieri un capriccio. Era ben vestito e pulito, aveva spalle larghe e vita sottile e quando incontrava il verde mare dei suoi occhi penetranti e maliziosi, si sentiva quasi sciogliere di desiderio. I garbati complimenti che le rivolgeva con una voce calda e suadente, avevano del tutto infranto la sua studiata ritrosia e il suo contegnoso riserbo.
 «Dunque milady Eleanor, a parte i naturali commenti sul cibo e, di certo, sulla vostra avvenenza, avete udito altri brani di conversazione dai vostri clienti?», chiese John con aria delusa.
«In verità no, ma forse non ci ho badato più di tanto. Sapete, non mi intrometto mai nei colloqui privati dei frequentatori della mia casa e non m’impiccio dei loro affari», rispose la donna facendo mostra di grande scrupolo professionale. «Tuttavia, pensandoci meglio, qualcosa potrebbe venirmi in mente. Ho buona memoria e qualche brano dei loro discorsi l’ho sentito. È solo una questione di tempo e quello non mi manca, ohimè.»
«Fate con comodo milady», disse John con un sorriso, accorgendosi dell’ora oramai tarda. «Tornerò a farvi visita domani o quando più vi farà comodo.»
«No, no, non è necessario!», fece allora la vedova cercando di trattenerlo. «Potrete venire quando meglio vi aggrada, ho piacere di vedervi, ma se vi tratterrete ancora un po’, sono certa di potervi accontentare!»
La vedova abbassò lo sguardo e posando languidamente una mano sulla sua gamba, divenendo d’un tratto audace, propose, con un fil di voce: «Cenate con me, stasera! Ho cucinato con le mie mani un magnifico taglio di roast beef, frollato a dovere, che accompagneremo con dell’ottimo vino di Borgogna, tenuto in serbo solo per le occasioni speciali!»
«Mi piacerebbe molto, ma il mio appartamento è piuttosto lontano e i cancelli vengono chiusi presto. Se ritardassi, non riuscirei a entrare», si giustificò Florio, che aveva previsto di passare la notte in casa Southampton.
«Dormirete da me, allora! Le strade sono malsicure e non starei tranquilla sapendovi in giro, esposto al pericolo per causa mia. Avrete un buon letto e lenzuola pulite», propose e, con un lampo dello sguardo, aggiunse: «E me, se vi degnate!»
A John non dispiaceva affatto la matura vedova dai capelli rossi che, stretta nell’attillato corsetto, metteva in mostra i candidi globi del suo prosperoso seno. Sin dal primo momento Eleanor aveva esercitato su di lui le sue arti di seduzione, rivolgendogli sorrisetti maliziosi e occhiate inequivocabili. Di certo la pestilenza che dilagava in quel periodo aveva drasticamente ridotto l’affluenza nella sua casa ed erano rare le occasioni per socializzare: si capiva bene che si sentiva sola. Dopo la comprensibile diffidenza dei primi momenti, si era lasciata andare completamente al desiderio. Trasudava lussuria, quasi che il pericolo incombente avesse soffocato in lei ogni decenza e pudore. La paura della solitudine e del morbo, la disperata voglia di vivere, l’ansia del domani, le metteva addosso una febbre che si poteva placare solo nell’alcol e nel sesso.
Una carnalità inconsulta, la sola disperata reazione della vita alla morte incombente. Lui stesso se ne sentiva contagiato. John era regolarmente sposato e amava sua moglie, ma da tre mesi, dall’inizio dell’epidemia, era rimasto solo in città. Aveva spedito Rose e il bambino al sicuro, nella tenuta di famiglia dei Daniel, nel Somerset. Conosceva benissimo i rischi del contagio a cui si esponeva, ma l’aspetto prosperoso dell’ostessa “clandestina”, il suo sano incarnato e la pulizia esemplare della casa, erano di per sé rassicuranti. Tendenzialmente era un uomo fedele che privilegiava i sentimenti e che non indulgeva facilmente ai piaceri della carne, ma non era nemmeno immune dalle tentazioni. Non provava l’imbarazzo di cattolici e puritani che ritenevano la fornicazione un peccato, ma il senso della precarietà della vita l’aveva reso indulgente verso le debolezze del prossimo e di se stesso. Credeva, ben diversamente da quanto poteva accadere con una donna impegnativa come Amelia, che una notte d’amore con una popolana non avrebbe avuto alcuna conseguenza negativa sul suo matrimonio. Se quello, d’altra parte, era il prezzo da pagare per le informazioni che desiderava ottenere, l’avrebbe pagato volentieri.
Con la rassegnazione un po’ ipocrita di adempiere a un dovere stette, perciò, serenamente al gioco e non se ne pentì. La serata trascorse piacevolmente cenando di buon appetito e soddisfacendo gli amorosi sensi.

Mentre John stava già assopendosi, in piena notte, la vedova d’un tratto ricordò.
«Mi è venuto in mente un discorso che ho udito quel pomeriggio», disse mettendosi a sedere sul letto. «Non ricordo il contesto, ma parlavano di una scuola!»
«Scuola di cosa?», chiese John.
«Non l’hanno mica detto, di magia, forse. Una scuola notturna mi pare. Mi ha colpito il tono in cui ne parlavano: da mettere i brividi!», si giustificò la donna.
«Chi di loro in particolare?», incalzò Florio.
«Quello che è stato ucciso, messer Marlowe, ne sono quasi certa. Aveva un tono vagamente beffardo, ma non credo che scherzasse», considerò la vedova. «“Nella Scuola della Notte si evocano i demoni”, ha detto.»
«Siete sicura, Eleanor, che Marlowe abbia detto proprio così? Provate a ricordare meglio», insistette John.
«All’incirca il senso era quello, ma sono certa che ha detto proprio “Scuola della Notte”», confermò. «Un nome strano e curioso che non si può dimenticare. Ffrysar, se ben ricordo, rimproverava messer Marlowe di frequentare una compagnia di depravati, senza Dio, che attentavano alla morale, praticavano la magia e bestemmiavano il Signore. Lui aveva riso, dicendo che alla Scuola della Notte, per l’appunto, s’impara a evocare i demoni dell’inferno. Sghignazzando, aveva aggiunto che portava male parlarne in giro: si rischiava di trovarsi davanti Belzebù in persona e di dannarsi l’anima per sempre. È stato allora che ha tirato fuori il pugnale e lo ha piantato con forza sul piano del tavolo. Ffrysar gli ha risposto di andare al diavolo, lui e la sua Scuola della Notte. Non si scherzava più e hanno cambiato argomento. Quello che è avvenuto dopo non lo so, ma la tragedia non è nata da questo e nemmeno dal conto da pagare. L’ho già detto agli sbirri, il prezzo era tutt’altro che salato, visto quel che avevano mangiato e bevuto. Ma dite, mio signore, esiste davvero questa Scuola della Notte?»
«Non ne ho mai sentito parlare, in verità. Potrebbe essere solo una metafora, un nome in codice o, magari lo scherzo di un poeta che voleva impressionare le menti semplici dei suoi commensali. Grazie, comunque, di averlo ricordato, Eleanor, potrebbe rivelarsi un particolare importante per ricostruire cosa sia realmente accaduto al mio amico», disse John perplesso.

Quella notte non riuscì più a dormire. Stava con gli occhi aperti a fissare il buio nell’oscurità della stanza, cullato dal respiro di Eleanor, riflettendo su quelle misteriose parole e scivolando col pensiero tra le immagini che esse evocavano, non solo con la mente dello studioso, ma anche con quella del poeta.
La volta stellata, miracolo di bellezza e insondabile mistero, poteva rappresentare lo spazio infinito di un mondo parallelo, il regno dell’assoluta incertezza, dell’irrazionale e della paura incontrollata che domina lo spirito nella temporanea cecità della notte. L’insondabile vuoto del buio modificava ogni sensuale percezione e rimescolava la gerarchia dei valori, proiettando le tensioni vitali, i dubbi e le angosce quotidiane, nella forma di evanescenti fantasmi. La Notte che unendosi a Erebo dava alla luce Emera ed Etere, dilatava gli spazi e rendeva l’aria più spessa, quasi vischiosa, imponendo un respiro diverso, l’attesa di una epifania, quella differente scansione del tempo che è governata dall’immanenza del kairos, il tempo di Dio. Iniziava una vita diversa, al tramontare del sole, più intima e consapevole. Nell’atmosfera di trepidanti silenzi e di attese inespresse, il poeta coglieva con stupore e smarrimento il mistero palpitante della vita. Poteva udire nella sorda somma di suoni indistinti che chiamano silenzio, il proliferare della vita, i fiori che si aprivano e le farfalle che volavano. Comprendeva l’inesplicabile lotta contro la morte, nella crescita de “l’erba che nasce sopra le fosse”, nel germogliare del seme “nell’urna molle e segreta” della terra. Era forse di tutto questo che si parlava e si dibatteva alla Scuola della Notte? Metafore alchemiche, sogni e desideri inesprimibili o, forse, verità proibite e inaccessibili, troppo pericolose da rivelarsi alla luce del giorno, come le parole di un sortilegio o di una formula magica. Quale magia di idee e sensazioni aveva racchiuso il “prediletto delle Muse” nel nome della sua accolita di iniziati, l’indizio o, forse, la chiave stessa della sua immatura scomparsa? Due semplici parole, scuola e notte, avevano insieme una grande capacità evocatrice che apriva uno spiraglio su un intero universo. Suggerivano forse l’esistenza di un vitale mistero, di una occulta sapienza, rivelabile solo al buio, nel cuore della notte, bisbigliata di bocca in orecchio. Chi mai era Christopher Marlowe o, come lui preferiva firmarsi, Cristofer Marley?

(...)


© Arkadia Editore. Riproduzione vietata

Ugo Rampazzo è nato nel 1955 a Padova, città dove vive. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Venezia. Imprenditore, filmaker e regista nel campo della pubblicità, ha lavorato e lavora per i principali marchi internazionali. È un creativo poliedrico, appassionato di scienze umanistiche, in particolare di storia, archeologia e antropologia, interessi che ispirano i suoi lavori letterari.

Arkadia Editore e Ugo Rampazzo sono rappresentati da Tempi Irregolari.

martedì 16 dicembre 2014

Pubblichiamo un capitolo del romanzo BLOODY ROME. RICORDI DALL'EPIDEMIA Z di Agostino Palmisano

In occasione della presentazione, il prossimo 17 Dicembre, a Lecce (libreria Bookish in Via Cesare Battisti 22, in associazione con l'Associazione Arcadia Lecce) del libro di Agostino Palmisano BLOODY ROME. RICORDI DALL'EPIDEMIA Z (Arkadia Editore, 2014 pag. 136) e dell'uscita dell'edizione ebook, pubblichiamo un assaggio del romanzo, un giallo-horror in cui l'autore si dimostra capace di mantenere uno sguardo lucido e critico fisso sulla realtà e sulla società in cui viviamo. 

L’ispettore Marcus Conti Perez lavora in una Roma post-epidemia sanificata grazie al vaccino che immunizza dal Solanum, il terribile virus che ha riportato in vita i morti e che per poco non ha spazzato via l’intera umanità. Il vaccino ha funzionato, ma a lungo termine gli effetti collaterali potrebbero essere peggiori della piaga. Anche Marcus, attraverso la lenta necrosi della gamba, comincia a subirli. Intanto però la “vita” continua e, mentre gli zombi veri, “i rossi”, sono scomparsi, la popolazione umana al di sopra dei vent’anni si è trasformata in qualcosa di diverso. Nella Città Eterna, Marcus viene chiamato a indagare su uno strano caso: una stanza d’albergo colma di cadaveri che, apparentemente, si sono sbranati a vicenda. Eppure dovrebbero essere tutti immuni dalla malattia. Comincia da qui la difficile ricerca di una verità che lo porterà a scoprire una terribile organizzazione intenta a diffondere una versione del Solanum potenziata e ancora più letale. Tra colpi di scena, azione e depistaggi, una storia emozionante, intensa, che rivela un personaggio molto particolare, assolutamente fuori dalle righe, in un’atmosfera dalle tinte cupe e apocalittiche. Con Bloody Rome si inaugura una trilogia di romanzi ambientati nel mondo dei “non morti” e di una civiltà stanca e depressa che tenta di tutto per sopravvivere.

AGOSTINO PALMISANO

BLOODY ROME
Ricordi dall'Epidemia Z

©Arkadia Editore 2014

foreign rights handled by Tempi Irregolari

pag. 136




CAPITOLO 7 

Il mondo fa schifo e non c’è affatto bisogno degli zombi per dimostrarlo. Anche prima dell’epidemia non è che le cose funzionassero granché: le varie propagande governative sono tutte concentrate a farsi guerra psicologica a colpi di stupidaggini insulse come benessere, speranza, gioia. Addirittura c’è chi va oltre e parla di fratellanza tra i popoli e uguaglianza fra i cittadini. Demenzialità.
La storia della fratellanza è stata la cosa che ha destato le maggiori perplessità. Di per sé la fratellanza è un concetto ridicolo, inesistente e soprattutto inefficace. Tutte le volte che si è tirata in ballo la fratellanza la si è accompagnata con le armi o quantomeno, nei casi meni importanti, si è sempre messo in gioco il caro amato odio, verbale, ideologico, politico.
L’odio è di certo l’oppio dei popoli. Fai scattare la scintilla, rendi l’odio sacrosanto, e tutti ti seguiranno. L’odio è la cosa più bella del mondo, ti rimette in comunicazione con la natura, con l’universo. Nessuno di noi si è mai tirato indietro quando si è trattato d’odiare. E chi lo ha fatto è perito di conseguenza, chi mostra assenza d’odio è automaticamente odiato, deve morire. L’uomo è intriso d’odio, di sesso e di odio. Ma mentre il sesso è quanto meno considerato un istinto irrinunciabile per la sopravvivenza della specie, l’odio è sempre stato ammantato di un’ipocrita patina di negatività.
In realtà tale patina è stata inculcata dai potenti, da chi comanda, perché l’odio è un’arma troppo efficace per farci giocare chiunque, soprattutto i servi. Devono essere loro a scatenarlo, devono essere loro a guidarlo, e tutto questo per il piacere sessuale di gestire il mondo, la voglia irrinunciabile di sodomizzare le masse, violentarle attraverso la violenza che esse esercitano su loro stesse. Chiunque godrebbe, avrebbe orgasmi multipli se solo avesse la possibilità di scatenare e guidare dei massacri tra poveri. Cosa che succede puntualmente nelle guerre: esercito contro ribelli, militari contro militari, servi contro servi, poveracci contro poveracci. Napoleone era un figo della madonna.

Esistono vari tipi di fratellanze. Quella delle minoranze sessuali non è la più innocua. Si uniscono e creano comunità, si affratellano e commettono reati alla pari di coloro i quali si affratellano per la religione. In questo caso non si tratta di minoranze bensì di intere nazioni e continenti. E la religione è il più facile veicolo d’odio che si possa immaginare perché la scusa è forse la migliore: lo si fa in nome di Dio. E se c’è un dio di mezzo, uno qualsiasi, potete fare quello che volete, le dighe della morale esplodono e un mare d’odio distrugge tutto.
Anche nella lotta agli zombi è stato tirato in ballo sua santità eccellentissima e illimitatissima, Dio in persona, non uno in particolare, ma quello che più faceva comodo alla comunità di turno. Per tutti, gli zombi sono manifestazione del maligno, demoni reincarnati, punizione divina per i peccati del mondo. Logicamente in questo la cristianità ha potuto sfoderare tutto il suo arsenale settario con apocalissi varie, suicidi di massa e alieni redentori di sorta.
Nel biennio più oscuro, dal Duemilatré al Duemilaquattro, l’odio per motivi religiosi, imbrigliato in odio verso un nemico comune, ha potuto comunque deflagrare in manifestazioni altre, verso un altro tipo di zombi, ovvero i barboni. Sono stati accusati di veicolare il virus, di trasmettere disagio e paure ulteriori. Insomma, si è proceduto a sterminarli. Ogni notte ne sono stati massacrati a decine, centinaia, in tutte le città del mondo. In Russia sono nati gruppi paramilitari clandestini, denominati Uomini contro la Peste, che di notte se ne sono andati in giro a bruciare i barboni a tiro. In Francia ecco i Gruppi di Forza Superumana che, alla solita lista di prede, hanno aggiunto anche qualche rom, pusher e tossici ritrovati sballati per strada. Negli Stati Uniti è tornata alla luce la fratellanza ariana del Ku Klux Klan, i cui membri, con la scusa della caccia al barbone, si sono sfogati finalmente contro la maggioranza nera. Anche perché in quel paese la maggior parte dei barboni sono proprio neri e messicani.
In Italia sono tornati i fascisti, in Spagna i franchisti, in Gran Bretagna il Fronte Nazionale ha acquisito rispettabilità mentre in Germania sono riapparsi i nazisti. Tutti travestiti da gruppi di cittadini contro il pericolo dei non vivi. Per farla breve, quegli anni sono stati violenti e lugubri, in compenso le principali capitali turistiche del mondo sono tornate a essere sgombre di ruderi umani nelle zone più pregiate. Da ogni dove sono stati spazzati via i vecchi relitti puzzolenti che per troppo tempo hanno sostato davanti a vetrine ed esercizi commerciali nelle zone più centrali, immonde sanguisughe ubriache stese sui marciapiedi a due passi dai salottini borghesi e aristocratici di mezzo mondo, veri bacini di raccolta di un ben più pericoloso genere di zombi, gli zombi ricchi e sfruttatori.

In questo periodo di terrore il nostro Marcus Conti Perez è in prima linea nella lotta contro il Solanum. Ignazio è appena stato sbranato e a lui sono state imposte due settimane di ferie per riprendersi dallo shock. Ma una volte terminate, subito per strada di notte a vigilare e abbattere, routine per la squadra anti-zombi. Il suo nuovo compagno è un tipo sconclusionato di origini maghrebine, Said Nervi Aouita, fresco di accademia, che non la smette mai di parlare di donne. Ha una fissa inveterata per le bionde: biondine, biondone, biondazze affollano i suoi racconti pepati in cui lui non lascia mai scontenta nessuna.
È una placida notte settembrina e l’autunno comincia ad affacciarsi con una pioggerella snervante. I due se ne stanno tranquilli in auto con Said tutto concentrato a descrivere una polacca quarantenne che gli ha dato il numero di telefono mentre erano al bancone di un bar a bere ognuno per i fatti propri.
«Ti dico che me lo ha dato senza nemmeno parlarmi. Ha finito il caffè, ha messo le mani in borsa, ha preso carta e penna, ha scritto il suo numero, se n’è andata sorridendomi e porgendomi il pezzo di carta. La dovevi vedere, una biondona assurda, un petto così.»
Per fortuna ci pensa la radio a gracchiare e a interrompere l’ennesima menata: «Pattuglia 21, pattuglia 21.»
Marcus risponde solerte, finalmente salvo da quella tortura di idiozie: «Grazie a Dio, qui 21. Che c’è? Passo.»
«Portatevi su Nuova Piazza del Popolo, ci sono stati segnalati movimenti sospetti. Cassonetti in fiamme ai piedi dell’obelisco.»
«Andiamo subito. Passo.» Mette in moto e si lancia senza esitazione.
Said ricomincia il suo ciarlare vacuo: «Voglio sapere chi si mette a dar fuoco ai cassonetti stanotte, con questa pioggia.»
«Svegliati latin lover, non sono davvero cassonetti, è qualche barbone.»
«E perché ha detto cassonetti?»
Marcus: «Perché viene tutto registrato. Così se un giudice del cavolo si mette a indagare non risulta che noi tolleriamo certe cose. Quando arriveremo non ci saranno altre pattuglie. Solo noi che dovremmo spegnere il tizio e caricarlo in auto e portarlo in obitorio.»
«E nemmeno un’ambulanza?»
«Meno gente in giro c’è e meglio è.»
Quattro minuti dopo la mezzanotte, due dopo la chiamata dalla centrale, Nuova Piazza del Popolo li accoglie con tutta la sua grandezza desolata. Un deserto in una città sotto coprifuoco.
Ai piedi dell’altissimo obelisco centrale due fuocherelli stentati diffondono un leggero odore di pollo arrosto. Marcus parcheggia a pochi metri da loro. Una cosa non va, uno dei due si muove ancora.
«Maledizione, quei coglioni non sono buoni a fare niente.»
«Ma chi è stato?»
«Ma tu finora dove hai vissuto, su Marte?»
«In accademia mica arrivano ’ste notizie, si parla solo di legge, procedure ufficiali, di dispositivi di sicurezza. Di barboni in fiamme no.»
«A Roma ci sono gruppetti di neofascisti che si sfogano così. Pescano qualche barbone in giro per la città, li riempiono di botte, poi vengono nelle zone centrali, in luoghi importanti, e gli danno fuoco, così il giorno dopo i giornali parlano della cosa. Voi non leggete i giornali in accademia?»
«Io no, io penso solo alle bionde.» Il ragazzo non è per niente scosso dalla scena, è esterrefatto, incuriosito, come un bambino davanti a un nuovo giocattolo pericoloso.
«Appunto. Allora visto che queste cose non ti scioccano per niente, adesso vai fuori e gli spari un colpo in testa.»
«Non ci penso nemmeno. Una cosa è uno zombi, un’altra cosa è un essere umano normale, anche se è un barbone. Fallo tu.»
«Io non lo faccio per principio, non sono una bestia.»
«Non ci penso nemmeno. Una cosa è uno zombi, un’altra cosa è un essere umano normale, anche se è un barbone. Fallo tu.» 
(.......) 

© Arkadia Editore, riproduzione vietata

venerdì 12 dicembre 2014

Vulkan’’ Publishing House has printed Selected Works of Milorad Pavić in 10 volumes for Belgrade Book Fair 2014. Both paperback and clothbound boxed set are available. The editor, prof. Aleksandar Jerkov, decided to publish 5 books of short stories with the following titles: Belgrade Stories, Mediterranean Stories, It’s a Small World, Serbian Stories and The Last Story; as well as the novels Dictionary of the Khazars, Landscape Painted with Tea, Inner Side of the Wind, Unique Item and Last Love in Constantinople’(in one book), Second Body and Artificial Mole (in one book).

The Bequest of Milorad Pavić (Jasmina Mihajlović) has also taken part in this publishing project. The unusual design for the paperback editions was created by Nebojsa Zorić, while Dejan Jovanović took care of the ‘’old fashioned’’ clothbound editions.


Selected Works of Milorad Pavić are special because of the first publication of  The Last Story of this author, written just before he passed away. The story was published in the book by the same name. Also, the editor decided to put some novels together, so Unique Item and Last Love in Constantinople, novels of unusual form, were published in one book. On the other hand, Aleksandar Jerkov decided to unify the Second Body and Artificial Mole, two last novels of this acknowledged Serbian writer.

L’editore serbo VULKANI ha pubblicato OPERE SELEZIONATE DI MILORAD PAVIC, 10 volumi in paperback o in elegante cofanetto hardcover che includono 5 libri di raccolte di Racconti e 5 con i romanzi più famosi dell’autore de IL DIZIONARIO DEI KAZARI di cui ricorre quest’anno il trentennale della prima edizione: Dictionary of the Khazars, Landscape Painted with Tea, Inner Side of the Wind, Unique Item e Last Love in Constantinople’(in un singolo volume ), Second Body and Artificial Mole (in un singolo volume).
L’opera è stata presentata nel corso della fiera del libro di BELGRADO alla presenza dei maggiori autori e critici serbi, nonché di un folto pubblico. 

L’evento, seguito dalla televisione nazionale, è stato uno degli appuntamenti principali della manifestazione e ha attirato l’attenzione perché per prima volta è stato pubblicato l’ultimo romanzo scritto da Pavic poco prima di morire, opera a cui gli ultimi tocchi di labor limae sono stati dati dall’autore quando era ricoverato in ospedale e a cui ha lavorato sino agli ultimi istanti di vita. Significativo, quasi un presagio, il titolo che aveva deciso di dare a quella che è diventata la sua ultima fatica: POSLEDNJA PRIČA – L’ULTIMA STORIA.  
I diritti delle opere di Milorad Pavic sono della moglie Jasmina Mihajlovic e sono gestiti da TEMPI IRREGOLARI in accordo con gli eredi.