venerdì 31 dicembre 2010

Un libro da leggere per chi ama scrivere: "Accabadora"

In quest’ ultimo giorno del 2010 voglio consigliare un libro da leggere per chi ama scrivere (se qualcuno non l’ha ancora letto): Accabadora di Michela Murgia, Premio Campiello 2010, ed.Einaudi.
Maria Listru, quarta figlia di madre vedova, cresciuta come un cucciolo selvatico, viene adottata  come fill’ e anima dalla sarta Bonaria Urrai, un’anziana donna taciturna che tutti in paese guardano con rispetto ma anche con un’ombra di spavento nel volto. Agli occhi della bimba la donna, che alcune notti esce di nascosto e sembra portatrice di una sapienza profonda sulle cose della vita e della morte, è circondata da un alone di mistero impenetrabile. Maria non sa che Bonaria è un’accabadora, colei che finisce, l’ultima madre, che su richiesta della famiglia o della stessa vittima pratica l’eutanasia. E quando, divenuta donna, finalmente lo scopre, ha un violento rifiuto per Bonaria che l’ha amata per tanti anni: “Perché ci sono cose che non si fanno”. Il suo giudizio è inappellabile e scappa sul continente, in città, tra le ipocrisie di un mondo prosaico. Ma, informata che Bonaria sta per morire, torna al suo capezzale e lì, accanto a una donna che lei ama e che soffre, deve affrontare la propria coscienza.
Perché chi ama scrivere dovrebbe leggere questo libro? Perché Michela Murgia ha saputo trattare un tema di scottante attualità, scomodo, con grande originalità e poesia, lontano dai luoghi comuni, evocando una figura antica e avvolta nel mistero vista dagli occhi innocenti di una bambina. Ciò provoca un effetto di straniamento proiettando il lettore quasi in una dimensione mitica e sospesa nel tempo. Nella seconda parte del libro la prospettiva si rovescia e con Maria divenuta adulta ritorniamo con i piedi per terra nel crudo mondo reale, dove i confini tra ciò che è giusto e ciò che non lo è sono delimitati dai solchi profondi scavati dalla ragione. Ma quando Maria dovrà affrontare il momento dell’agonia e della morte tutto deve venire ancora ridiscusso. Ecco dunque una trama e dei personaggi dinamici e in mutamento, come le nostre idee quando si confrontano con la realtà. Il tutto espresso con un linguaggio scarno, che pesa attentamente le parole scavando in profondità nell’animo di chi legge.
Un passo da ricordare e meditare: “Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo. Potresti ritrovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”.
Spunti per la scrittura:
In questo testo vediamo come concorrano a un risultato perfetto la capacità di costruire e porre in dialogo costruttivo tra loro  personaggi statici e dinamici.
I personaggi statici sono quelli che nel corso della storia non subiscono mutamenti di alcun tipo, né fisici, né psicologici, né di condizione sociale. In questo caso il personaggio statico può essere Bonaria Urrai, giustamente statica perché portatrice di tradizioni antichissime e immutate nel tempo.
I personaggi dinamici sono quelli che si modificano o dal punto di vista fisico o dal punto di vista psicologico o ancora passano da uno stato sociale a un altro. Qui è Maria Listru a essere personaggio dinamico, in trasformazione, non a caso, dato che è una giovane che sta vivendo il suo bildungsroman o romanzo di formazione. Vediamo, infatti, come alla fine del suo percorso di esperienze Maria raggiunga una nuova e più matura consapevolezza di sé.
Altri libri capolavoro che consigliamo e che vedono la vita dal punto di vista dei bambini è l’imperdibile Il sentiero dei nidi di ragno del grande Italo Calvino e il commovente Montedidio di Erri de Luca.
Astrid Pesarino

mercoledì 29 dicembre 2010

Il coccodrillo Gerard

Pare che il sottoscritto - senza diritto di firma – come un ministro senza portafoglio di ogni governo che si rispetti, debba prendere parte attiva a questo Blog e pagare il suo tributo di… inchiostro. Insomma, io i testi dovrei leggerli e valutarli, non redigerli. L’ansia da foglio bianco dovrebbe essere cosa che compete quanti si rivolgono a me, esordienti o già avviati a pigliar posto fra gli scaffali di una libreria; non certo il sottoscritto che è ormai adusto a notti di veglia in preda, semmai, ad ansia da foglio imbrattato. Ecco, ho sparato il colpo … senza firma, senza portafoglio, ora sarò anche senza paga. Perché, sul nuovo blog di una giovane Agenzia letteraria, non ho trovato di meglio, alla mia prima scrittura ufficiale, che rimbrottare la “clientela”. Ma io, badate, lo faccio con affetto e, come un mansueto coccodrillo, dopo aver divorato la preda, piango. Conoscete l’Andrea Chenier, non il poeta intendo, ma l’opera di Umberto Giordano? Ebbene lì il cattivo di turno (che poi però alla fine, quando tutti muoiono, si pente, badate bene), il cattivo, dicevo, Gerard canta “Uccido e tremo. E mentre uccido, io piango”. Adoro Gerard: poverino, sognava una Rivoluzione con i fiocchi, vera, autentica, una palingenesi, giustizia, amore e pace - con un po’ di battaglia, va bene, un po’ di sesso gratis rubato nella mischia, e qualche cadaveruccio innocuo ai bordi delle strade, ma si sa, come vanno le cose: le opere non sono mica tanto dissimili dai film dei nostri giorni! Insomma torniamo a noi, a voi ed a me, a questo mio ultimo intervento su questo blog. Il foglio imbrattato, dicevo. Sì, lo confesso, genera ansia: anche questo mio post se provate a stamparlo (Noooooo! Non sprecate carta ed alberi, per carità, già lo faccio io per professione, assecondando molti di voi... Giuro, adesso sto piangendo, come il coccodrillo Gerard). La faccio breve, per il bene comune, il mio, ma soprattutto il vostro, credetemi. Quando inviate un manoscritto, non necessariamente a me, non fatelo se non è necessario, ma se proprio lo inviate, tanto più se lo indirizzate ad un editor di un una Casa editrice, a qualcuno che valuti la vostra opera prima, o l’ultima, forse, ecco: assicuratevi che sia pulito, corretto, ordinato. Innanzitutto come grammatica, sintassi e battitura. Il bimbo appena nato, madido di umori materni, è il più prezioso e bel gioiello per la madre che lo accoglie sul petto. Ma presentatelo in quelle condizioni, sanguinolento, bluastro ancora per gli sforzi, imbrattato di placenta, il cordone ombelicale penzoloni, a quanti percorrono il reparto: credete che lo accoglieranno a braccia aperte come la povera puerpera, che reclina il capo stanco e lieto fra le mani del marito (che non ha capito nulla)?

Stephen Pontano

lunedì 20 dicembre 2010

Cos’è un agente letterario?

Molto spesso mi è capitato di incontrare persone, autori compresi, che avevano un’idea molto vaga o errata di cosa fosse un agente letterario.
Quando si parla di agente letterario in Italia è impossibile non parlare della figura di Erich Linder che a partire dall’immediato dopoguerra ai primi anni ’80, rivoluzionò il rapporto tra scrittori e case editrici. Fu infatti li primo agente italiano a rendersi conto dello sfruttamento cui erano soggetti gli scrittori e cominciò a difenderli stipulando regolari contratti e chiedendo anticipi sulle royalties.
Diceva : “Credo che l’autore sia vittima dell’editore, il mio scopo è difendere i suoi interessi.”
“Bisogna tener conto che per un editore un libro che va male è solo un incidente, per un autore può essere la rovina… E spesso l’insuccesso di un libro dipende da motivi di cui solo l’editore è responsabile”: come per esempio una copertina inadatta, la scelta del momento sbagliato per il lancio, un insufficiente lavoro dell’ufficio stampa ecc. (Erich Linder, Fondazione Aroldo e Alberto Mondadori, Milano 2003).
In effetti, per poter scrivere serenamente, gli autori hanno bisogno di essere sollevati da questioni amministrative e l’agenzia letteraria si assume proprio il compito di difendere gli interessi dei propri autori, condurre trattative che portino ad affermare i loro libri, gestire poi l’amministrazione economica che ne consegue. In sostanza l’agente è un intermediario tra la creatività dell’autore e l’industria del libro di cui rappresenta la coscienza di mercato. Essendo, di fatto, un promotore di cultura, più che collocare un bestseller sul mercato dovrebbe costruire percorsi stabili e duraturi per gli autori, tutelandoli e promuovendoli nel tempo.
Negli ultimi anni nel nostro Paese si è assistito a forti mutamenti: concentrazioni editoriali, nascita di grandi gruppi, progressiva scomparsa di quella familiarità ed artigianalità che a lungo ha caratterizzato il nostro mondo editoriale. Contemporaneamente, sono mutati i cosiddetti “mestieri del libro”: tra questi, anche la figura dell’agente letterario, che oggi gode di una maggior accettazione e viene considerato per molti aspetti una figura “irrinunciabile” dagli editori e dagli scrittori. Non più soltanto lo specialista dei contratti, il controllore dei rendiconti, l’esattore di royalties, ma un operatore editoriale a tutto tondo, capace di aiutare i propri clienti a condurre nel miglior modo possibile ogni momento della vita di un libro, dalla progettazione alla stesura, dalla lettura alla valutazione, dall’editing alla promozione pubblicitaria, in Italia e all’estero.
Ovviamente deve seguire e conoscere a fondo questo settore editoriale operando una ricerca costante, partecipando a fiere, convegni, curando la realizzazione di interviste e rassegne stampa.
Sostanzialmente le sue tre funzioni principali nella filiera editoriale sono: la ricerca di autori (già affermati o no) nazionali da proporre sul mercato nazionale o stranieri da proporre sul mercato nazionale, autori nazionali da proporre a mercati stranieri; la ricerca dell’editore giusto, la tutela dell’interesse economico, ma anche e soprattutto professionale dell’autore.
Il rapporto tra agente e autore comincia con la lettura del manoscritto di cui è il primo lettore critico che ne valuta l’efficacia, il valore culturale e letterario e il possibile impatto sul mercato editoriale, provvedendo ad una scrematura del mare magnum di manoscritti proposti da sedicenti scrittori, alla ricerca dei testi validi da pubblicare, promuovere e diffondere.
Valuta quali possono essere gli editori più adatti al testo (è suo compito tenere costantemente sotto controllo le politiche editoriali, le collane, le pubblicazioni delle varie case editrici) che possano rappresentare l’autore nel tempo e cura che esso sia presentato nella sua forma migliore. I suoi interessi infatti, coincidono con quelli dell’autore e quindi tende a non proporre l’opera all’editore finché questa non è giudicata pronta per il mercato: questo costituisce anche una garanzia per l’editore, che quindi preferisce prendere in considerazione opere presentate da agenti. Infatti il contatto con le case editrici è fondamentale: l’agente letterario vende agli editor, e per riuscirci deve godere di credibilità ed autorevolezza, di assoluta professionalità e discrezione.
L’agente segue poi la gestione delle opere all’interno delle case editrici, tutelando l’autore fino all’auspicata firma del contratto di pubblicazione: suo compito principale è quello di stipulare i contratti con gli editori per conto dell’autore, di verificare che vengano onorati correttamente e di seguire gli aspetti amministrativi che ne derivano (pagamenti di anticipi e rendiconti).
Infine si adopera perché l’editore svolga al meglio il ruolo di promotore dell’opera presso tutti i canali (forza di vendita, media) contribuendo alla notorietà dell’autore.
L’attenzione dell’agente per la carriera del suo autore è evidente: è questi, e nessun altro, che lo paga con una percentuale sui suoi proventi. Dunque, più l’agente riesce a far aumentare i proventi dell’autore, più egli guadagna.
Ma il rapporto che l’agente instaura con l’autore non è e non deve essere un rapporto di semplice natura contrattuale, ma diventa di sostegno, critica, incoraggiamento, freno, affinché l’autore possa dare il meglio di sé e non si svenda, e affinché in certi casi accetti anche logiche a lui incomprensibili, ma che l’agente, con la sua conoscenza del mercato, crede opportune in determinati momenti.
Bibliografia: L’agente letterario da Erich Linder a oggi, a cura della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2004.
Barbara Griffini, Diritto d’autore, agente letterario e traduttore nella filiera editoriale, Udine : Forum, 2006 (Lezioni e letture ; 9).
Articolo di Job on line.

Astrid Pesarino

mercoledì 1 dicembre 2010

Ottobre 2010. Inizia ufficialmente l'attività della Tempi irregolari.

Se ne sentiva il bisogno? Beh, noi almeno lo avvertivamo: metterci in gioco con la nostra passione ed esperienza per offrire un contributo alla letteratura. 


Ambiziosi? Forse, ma crediamo che sia ancora possibile scrivere delle buone opere, o, meglio ancora, ne siamo certi, giacché ne abbiamo le prove evidenti, che si faccia ancora buona letteratura. Il difficile forse è trovarne le tracce e scovarla nel mare magnum di quello che viene proposto. Bisogna avere polmoni capaci e immergersi a fondo, ben sotto la superficie che ci viene presentata in una foto patinata. Lì noi vogliamo nuotare. Le regole del mercato le conosciamo: non vogliamo, non è nostro compito, sovvertirle. Anche noi siamo tenuti a rispettarle. Ma in questi tempi irregolari la visibilità di uno scrittore è troppo spesso legata alla sua immagine, quella di uno scritto, di un libro, al personaggio che lo ha prodotto. Un personaggio che non ricerca affatto un autore, perché basta a se stesso. Questo - il marketing, lo scadere del libro, veicolo di letteratura e sinonimo di cultura, a mero prodotto di mercato, a premessa e bozza, quasi, di una futura riscrittura per uno schermo, grande o piccolo, a semplice pamphlet polemico che cavalca l'onda di questo o quello sdegno - non deve essere il presupposto della scrittura.
 
Dunque noi vogliamo - ricordate, siamo ambiziosi - aiutare le voci autentiche e oneste a farsi sentire. E crediamo che per farlo esse debbano risuonare cristalline, siano onde sciabordanti o cavalloni in tempesta. Non bisogna lasciarsi travolgere dalla marea nera di una lingua sgrammaticata e, naturalmente e giustamente in evoluzione, ma cercare di nuotare controcorrente. Insomma nella nostra esperienza abbiamo, come altri, costatato che una cosa è usare un linguaggio irregolare in quanto espressione di tempi irregolari, un'altra usarne uno sciatto per proprie lacune: non è un'accusa, ma una considerazione. Spesso ci si imbatte in buoni soggetti presentati in abiti modesti, se non stracciati. Noi vogliamo essere d'aiuto a ripulirli, senza intaccarli nella loro genuinità e originalità. Crediamo, nell'importanza della forma. Niente panico: non vogliamo scimmiottare Boccaccio o Manzoni. Solo far sì che le idee si plasmino la propria forma.
Le idee appunto. E qui c'è la motivazione che giustifica la nascita del nostro blog... perché non avrete dimenticato che siamo ambiziosi. Vogliamo che esso diventi uno stimolo alla nascita di nuove idee sino a quando esse si creino spontaneamente uno stile. Qui troverete suggerimenti di lettura, di osservazione e, perché no, ascolto. Autori da (ri)scoprire per meditarli e discuterli con noi.
Insomma. Vogliamo lavorare non per voi, ma con voi.
Qualcuno già ci dice: la montagna ha partorito il topolino. Certo, probabile. Ambiziosi sì, e anche autocritici. Ma fra qualche tempo, alla prima tappa di questa esperienza. Intanto noi confidiamo nella capacità che hanno i topolini di riprodursi... e siamo certi che, crescendo la famiglia, il topolino conquisterà infine la montagna!